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Cibi a reazione

Sempre più in aumento allergie e intolleranze. Per difendersi si può seguire una dieta di privazione o rotazione dei cibi nemici. O il nuovo regime di “svezzamento”, per rafforzare la resistenza dell’organismo

Con l’entrata in vigore della direttiva 2003/89/Ce, la vita per chi soffre di allergie e intolleranze diventerà più facile. Si potranno, infatti, individuare dall’etichetta le sostanze alle quali si è sensibili. In causa, sono stati chiamati circa 600 tipi di composti, tra cui conservanti e additivi, allergeni più o meno conosciuti che possono interagire con alcuni farmaci o avere un effetto eccitante sui bambini e sono sconsigliate in gravidanza o in caso di situazioni patologiche.

IPERSENSIBILI
Gli incontri ravvicinati pericolosi con elementi di per sé innocui ma che l’organismo rigetta riguardano un numero crescente di individui, destinato, secondo la rivista Nature, a raddoppiare in pochi anni. Le reazioni scatenate dai cibi non sono dose-dipendenti ma basta anche una minima quantità dell’allergene per scatenarle. Possono essere di due specie: allergie, con l’intervento degli anticorpi IgE (immunoglobuline E), repentine e imponenti, vanno dall’orticaria all’asma, fino allo shock anafilattico, e le intolleranze che si manifestano dopo lungo tempo dal contatto, al seguito di meccanismi biochimici, innanzitutto l’alterata funzionalità dell’intestino. Gli intolleranti, a volte inconsapevoli, possono essere vittime di cambiamenti d’umore, depressione, irritabilità, stanchezza, ansia, ipertensione, cattiva digestione, squilibri intestinali, insonnia e cefalea.

PSEUDO-SUSCETTIBILI
A volte, i soggetti confondono intolleranza con allergia. «Il 20% degli italiani ha la percezione di essere intollerante mentre le vere allergie diagnosticate riguardano il 2%», spiega Roberto Ostuzzi, presidente dell’Associazione Nazionale Specialisti in Scienza dell’Alimentazione di Milano (via Luigi Ornato 7; tel. 02/6436788,www.ansisa.it) .«L’autodiagnosi errata può portare a una dieta scorretta con conseguenze dannose, come una crescita stentata nei ragazzi o l’anoressia.Perciò è importante affidarsi a professionisti che si basano su esami di laboratorio e prescrivono una “dieta di esclusione”, solo se necessario».

TERAPIE ALIMENTARI
Per recuperare la tolleranza, gli iperreattivi per un certo periodo possono abolire i cibi incriminati oppure procedere con l’alternanza degli stessi.

  • Dieta di eliminazione: l’esclusione degli alimenti a rischio, soprattutto latte vaccino, uova, grano, lievito e pomodoro, secondo alcuni medici, potrebbe essere un modo per scoprire i cibi a cui si è sensibili se si procede con l’abolizione totale di uno solo per volta; lo schema andrebbe seguito per almeno una settimana, ma non oltre 15 giorni. Se alla fine i sintomi sono scomparsi, sarebbe opportuno continuare l’astinenza per due mesi prima di riprovare l’alimento in piccole quantità. Nei casi più gravi, come nelle pluri-intolleranze,si potrebbero consumare solo i cibi che hanno poca tendenza a dare fastidio, tra cui tacchino, pollo, agnello, cavoli, zucchine, porri, carote, rape, mele, pere, prugne, pesche, albicocche e banane. Alla scomparsa dei malesseri, si può incominciare a reintrodurre gli alimenti sospesi, uno per volta e in dosi minime, ogni ventiquattro ore, per testare se sono responsabili d’intolleranza.

  • Dieta a rotazione: prevede cibi specifici diversi ogni tre giorni, ripetendo il ciclo per tre volte.In pratica,si tratta di diradare l’assunzione di ogni singolo cibo e dei suoi collaterali e di permettere così all’organismo di evitare per 72 ore un potenziale agente di intolleranza. Se per esempio nel menu del lunedì sono comprese le patate,fino al venerdì non si potranno consumare solanacee. Per evitare errori, il paziente, che ha bisogno della guida di un esperto, dovrebbe tenere un diario, anche per annotare i sintomi giornalieri,che possono peggiorare a causa dell“astinenza”, ma sono un segnale favorevole. Dopo 12 giorni, l’organismo dovrebbe risultare disintossicato e quindi si potrebbe inserire di nuovo nella dieta un alimento alla volta, iniziando da quelli più importanti, come grano, latte uova e caffè, e con tre giorni di distacco l’uno dall’altro.

RIABILITAZIONE
Secondo Attilio Speciani, specialista in Allergologia e Immunologia Clinica a Milano e membro della New York Academy of Science e dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology, il più efficace antidoto agli allergeni sarebbe lo “svezzamento”: «Se ogni giorno il paziente assume una concentrazione minima (circa 0,1 milligrammi) di un prodotto avverso, dopo due mesi acquista resistenza anche ad altri cibi pericolosi per lui». Per maggiori info: Sma-Studio Medico Associato, via Ariosto 28, Milano; tel. 0248008454; http://www.eurosalus.com/

CONTRODIETA
Contrastare il “veleno” abituandosi alla sua presenza: su questo principio si basa una rivoluzionaria terapia anti-allergie alimentari che è stata messa a punto dall’équipe della Clinica Pediatrica dell’Università di Trieste-Irccs Burlo Garofolo guidata da Alessandro Ventura. Somministrando piccole dosi crescenti dell’alimento sotto accusa si può addestrare nuovamente l’organismo del paziente a tollerare anche i cibi che inizialmente rifiutava come velenosi.

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