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C’è aria di montagna nei piatti della Valle D’Aosta

C’è una regione d’Italia che, a dispetto delle ridotte dimensioni geografiche, è un vero e proprio scrigno di storia e tradizioni: è la Valle D’Aosta

C’è una regione d’Italia che, a dispetto delle ridotte dimensioni geografiche, è un vero e proprio scrigno di storia e tradizioni: è la Valle D’Aosta. Incastonato tra quattro giganti delle Alpi (Monte Bianco, Cervino, Monte Rosa e Gran Paradiso), questo territorio di frontiera vanta una cucina locale che profuma della cultura alpina ed è ricca di prodotti e usanze gastronomiche che nulla hanno da invidiare ad altre zone del Bel Paese.

Fare di necessità virtù con pane di segale e olio
La scarsità qui di zone pianeggianti ha da sempre limitato la coltivazione dei cereali ‘comuni’, frumento in primis. Ecco perché nei centri della Valle è consuetudine trovare in vendita il pane di segale, coltura che meglio si adatta a posizioni montuose esposte. Discorso simile vale per l’olio, sostituito in quasi tutti i piatti regionali dal burro (di panna o di brossa) capace di donare ai cibi gli aromi dei pascoli alpini.

La qualità di formaggi e salumi Dop
Ma l’elevata qualità della produzione valdostana porta soprattutto i nomi di formaggi e salumi che hanno ottenuto la Denominazione di Origine Protetta. Stiamo parlando, anzitutto, della Fontina e del Valle d’Aosta Fromadzo. Il primo è il principe dei formaggi a pasta molle, dal sapore dolce e fragrante e dall’alto valore energetico (ricco di fosforo, calcio e vitamine A e B). Il secondo, prodotto con latte vaccino di due mungiture, ha un gusto che da semi-dolce diventa più pronunciato, man mano che stagiona. Ma la Valle d’Aosta è famosa anche per due salumi che impreziosiscono la vetrina gastronomica regionale: il Jambon de Bosses, prosciutto crudo speziato con erbe di montagna, prodotto fin dal 1397 a 1600 metri di altitudine nell’omonima località di Saint-Rhémy-en-Bosses, e il Lard d’Arnad, lardo ottenuto dalla lavorazione della schiena del maiale e dalla stagionatura per almeno tre mesi in antichi recipienti di legno (doils), fino ad ottenere un prodotto che al taglio si presenta bianco e col cuore leggermente rosato.

Zuppe e polenta fumanti per tutti
La cucina valdostana è caratterizzata altresì da molte varietà di zuppe. Le ‘soupe’ hanno origini molto antiche e vengono preparate con verza (alla Valpellinentze), cipolle, porri e riso (alla Cogneintze), ma anche con latte e castagne. Veri e propri “must” gastronomici, ideali nella stagione fredda. Così come un altro prodotto simbolo della cucina alpina, la polenta. Tipica è quella concia, o grasa, preparata con fontina e burro fuso, ma ottima è anche accompagnata a carne di selvaggina (fagiano e cinghiale).

Indimenticabili momenti di piacere
Da materie prime di assoluta qualità non possono che nascere, infine, dolci di egual valore. Si va dalle Tegole d’Aosta, biscotti di nocciola e mandorle dalla forma ondulata come le tegole dei tetti delle baite, al Mont Blanc, dolce di castagne e panna, fino ai Torcettini di Saint-Vincent, piccoli biscotti di pasta frolla attorcigliati.

In Svizzera per un pugno di sale… Immersa nel cuore delle Alpi, la Valle d’Aosta dovette in passato fare a meno di un prodotto ormai dato per scontato in cucina: il sale. Si trovava a fatica e, laddove c’era, costava molto caro. Nella seconda parte del 1500 i Savoia, inoltre, inserirono un balzello sull’acquisto del sale che spinse i valdostani a ‘scollinare’ sul versante svizzero, soprattutto nella zona del Lago di Ginevra, per fare rifornimenti. Questo avveniva tuttavia in maniera illegale, dando luogo alla pratica del contrabbando: in cambio del sale gli abitanti della Valle d’Aosta portavano in Svizzera burro e formaggio.

Il rito che crea aggregazione
Nelle fredde giornate invernali, in Valle d’Aosta è tradizione ritrovarsi intorno a un camino e riscaldare il momento conviviale con una fumante grolla dell’amicizia: caffè alla valdostana (caffé misto a grappa, zucchero, scorze di limone e arancia) servito fiammeggiante nel caratteristico recipiente panciuto di legno con tanti beccucci quanti sono gli amici che partecipano al “rito”. La coppa, che partendo dal più vecchio passa di mano in mano in senso antiorario e senza mai essere appoggiata, crea aggregazione e coinvolgimento. Quando si usa la grolla per la prima volta bisogna lavarla con caffè amaro o grappa e, anche in seguito, basta pulirla con un panno umido e caldo. Non conservarla vicino a fonti di calore, il legno potrebbe rompersi.

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